Ci è stato ripetuto sin dalla nostra infanzia che lavoro e gioco sono due mondi distanti e incompatibili. L’etica del lavoro richiama l’idea che serietà e concentrazione sui propri obiettivi siano essenziali per la riuscita dei nostri progetti, mentre il gioco non è altro che una distrazione.

Tuttavia oggigiorno ci siamo abituati a vedere i pilastri del passato scossi da nuove interpretazioni del mondo e anche il rapporto tra lavoro e gioco è stato ridefinito. Già una trentina d’anni fa, alcuni brillanti ricercatori dell’Università dell’Essex, dopo aver creato MUD (Multi-User Dungeon,  un gioco testuale di tipo adventure), riconobbero che un’iniezione di divertimento nelle logiche di business non era poi una così cattiva idea. Si resero conto di un importante aspetto dei giochi: essi aumentano l’engagement e le motivazioni a raggiungere determinati obiettivi. I giochi dialogano con il nostro sistema limbico, quella parte del cervello nella quale risiedono le nostre emozioni, e possono trasformare compiti ripetitivi in qualcosa di avvincente offrendo una piacevole user experience. Possono rendere intrigante un messaggio pubblicitario, aiutare i bambini nel processo d’apprendimento o essere usati per comprendere complesse problematiche sociali agendo come catalizzatori di comportamenti target.

Un esempio è la Speeding Lottery, una recente campagna pubblicitaria lanciata dalla Volkswagen in Svezia, dove chi guidava nei limiti di velocità partecipava automaticamente a una lotteria i cui premi erano pagati da chi non aveva rispettato quegli stessi limiti. In questo modo la Volkswagen è riuscita ad associare il suo marchio a divertimento e consapevolezza sociale. Allo stesso modo, non si potrebbe incentivare gli automobilisti a lasciare la macchina nel garage e a usare i mezzi pubblici assegnando loro punti ‘sociali’?

Tornando alla domanda in testa a questo articolo, perché il mondo del retail dovrebbe aggiungere la gamification alle sue strategie commerciali? Le dinamiche proprie del gioco possono aiutarci a creare quegli incentivi emozionali alla base dell’engagement del cliente. La spesa è spesso vista dai consumatori come un’operazione noiosa, qualcosa che si deve fare ma si fa malvolentieri. Facendo leva sulle tecniche della gamification i retailer possono rendere questa esperienza un po’ più divertente e allo stesso tempo aumentare la loyalty promuovendo quei comportamenti che si ritengono desiderabili.

Per esempio, dato che l’attuale mercato grocery richiede sempre di più un ruolo attivo e consulenziale , il retailer potrebbe creare una gara ‘virtuosa’ verso la salute assegnando ‘punti salute’ a quei consumatori che acquistano i prodotti più salutari (meno zuccheri, meno grassi…). Non voglio dire che la gamification sia la panacea per tutti i mali e sia sufficiente assegnare punti e premi ai propri clienti per vederli tornare a riempire i loro cestini della spesa. Il processo è lungo e complesso e richiede un’attenta pianificazione. Tuttavia il suo utilizzo intelligente rappresenta una formidabile opportunità per chi voglia riconnettersi emotivamente con i propri clienti. Cosa ne pensate?

di Filippo Reviglio