Le reazioni alla campagna del Ministero della Salute sono state molto negative. Ma le mamme più giovani mostrano anche capacità di adattamento e spirito di corpo. E molti brand si stanno già adeguando.

Negli ultimi mesi è ritornato alla ribalta il tema della crescita zero, della natalità ai minimi storici. Merito, tra le altre cose, della campagna sul Fertility Day promossa dal Ministero della Salute, che ha scandalizzato grandissima parte della società civile e soprattutto le donne, ovviamente.

Le critiche si sono certo concentrate su alcuni elementi di stile della campagna, ma soprattutto è stato preso di mira il contenuto. Lo Stato italiano non dovrebbe mettere il naso nella questione della fertilità delle sue cittadine perché non garantirebbe le condizioni minime necessarie affinché la scelta di avere dei figli possa essere presa in serenità. La campagna è stata così interpretata come un’intromissione sgarbata e presuntuosa nella vita così complicata delle giovani donne italiane.

Dal rumore causato da questa iniziativa si può evincere qualcosa sulla percezione che hanno di sé le giovani donne italiane, e le sensazioni che provano nei confronti della società nel momento in cui riflettono sul tema della maternità. Sembrerebbe niente di positivo. Sui giornali (si veda il Corriere della Sera, per esempio) si è letto di abbandoni, sacrifici, rimpianti, delusioni, rabbia. Colpa anche di questi maschi italiani, ancora troppo poco partecipanti (perché è così che deve essere o perché ancora il cammino culturale è lungo).

Le percezioni sono sostenute da alcuni dati, per esempio quelli della ricerca di Ipsos per Ferrero che riporta come il 66% delle madri italiane senta ricadere su di sé la maggior parte delle responsabilità famigliari.

Visto così, parlando di dimissioni in bianco, di libere professioniste costrette ai salti mortali, di nonni sull’orlo dell’esaurimento nervoso (dopo averlo scampato qualche anno fa), di padri ingessati nel solito ruolo semi marginale, di tassi di occupazione femminile fra i più bassi d’Europa, sembrerebbe che il segmento delle giovani (e meno giovani) mamme italiane rimanga davvero fuori dai giochi. Scarsa capacità economica, scarsa indipendenza, scarse prospettive e (chiaramente) umore a terra.

Ad entrare maggiormente in questo mondo si apre però un altro scenario e ci si ritrova sommersi di iniziative, attività, testimonianze, idee. Se un lato della maternità è grigio, anzi nero, triste e senza speranze, l’altro è dinamico, stimolante, profondo. Che la maternità sia un’esperienza profonda non è una novità, il modo in cui viene vissuta dalle “mamme millennials” un po’ sì.

Le mamme di oggi hanno voglia di partecipare e di far sapere quello che sono, quello che fanno e ancora di più quello che sentono. Quel periodo di isolamento post parto, dove ci si circondava solo delle donne di casa, per cavarsela con la creatura al riparo delle mura domestiche, forse non c’è più. Le nuove generazioni stanno imparando a mettere insieme il vecchio e il nuovo: utilizzano la fascia per portare i bambini come insegnano le donne africane e postano su YouTube un video con le istruzioni per usarla.

Le donne che diventano madri scrivono, parlano di sé e informano. Innumerevoli le mamme che hanno fatto della loro esperienza un blog, numerosissimi i siti in cui ci si confronta su tutto (dai pannolini, ai libri, dalle scuole ai giochi più adatti), facilissimo imbattersi nei loro tutorial per imparare a cavarsela in ogni situazione. Alcune di loro si sono organizzate e sono diventate il punto di riferimento per le più importanti aziende del settore dell’infanzia, come quelle di Fattore Mamma (il cui pay off non a caso è “in relazione con chi decide davvero”), che è anche è un esempio di azienda tutta composta da mamme.

I dati del Keller Fay Group riportano che le neo mamme statunitensi, dalle loro case, sono il segmento più attivo sui social, i forum e i blog e non conversano solo di prodotti per i loro bambini, ma di ogni bene di consumo, citando più spesso degli altri segmenti (donne senza figli e uomini) i brand di prodotti specifici.

La aziende hanno fiutato il cambiamento che è nell’aria e hanno messo gli occhi su questo segmento (soprattutto in USA e UK).

Alcune di queste (che non producono beni per l’infanzia!) hanno cominciato a muovere i primi passi:

  • Starbucks ha iniziato a vendere nelle proprie caffetterie inglesi un kit di emergenza con pannolino, salvietta e detergente;
  • Procter&Gamble, in occasione delle Olimpiadi di Rio, ha dedicato loro un spot (e non è il primo) guardandole con occhi diversi;
  • Fiat, per il lancio della 500L in Inghilterra, si è servita di un rap sulla maternità cantato da una madre con i tre figli;
  • Apple ha pensato uno spot interamente dedicato alla festa della mamma;
  • Acer sul suo sito ha un’ampia sezione dedicata alle nuove famiglie, con tanto di filmato sui primi 100 giorni con un bebè

Le mamme di oggi, per poche che siano, stanno diventando un segmento di mercato interessante, super esigente e informato. Forse tutto questo, tutto insieme, cambierà anche la percezione della maternità nel nostro Paese e cambierà anche le reazioni ad una prossima, auspicata (e migliore) campagna sulla fertilità.

Di Elena Amistà