C’è una metamorfosi in atto che chiama in causa il retail. A partire dalla grande distribuzione. Ma i clienti indicano già la soluzione.

Per quasi mezzo secolo, la grande distribuzione ha avuto il ruolo principale, esclusivo e limitato di scegliere i prodotti e renderli disponibili sugli scaffali, mentre i consumatori, guidati dalla pubblicità, li selezionavano riempiendo il proprio carrello. La competizione si è così progressivamente adagiata sulla competizione di prezzo e sulle promozioni, di recente rese più “confrontabili” dal boom degli aggregatori di volantini online. Si tratta di un modello che, oltre a produrre gruppi di consumatori attenti a inseguire il prezzo più basso e disposti a spostarsi settimanalmente da un punto vendita all’altro, ha fatto crollare la distintività delle insegne. In fondo, con offerte simili, quali altri fattori contano davvero nella scelta del punto vendita, oltre alla comodità e alle promozioni?

COSTRUIRE IL FUTURO NON È SEMPLICE, MA È POSSIBILE.

La domanda più importante, di questi tempi, è se tutto ciò sia sostenibile anche nei prossimi anni. Sia perché Amazon, dematerializzando il carrello, ha reso la competizione sui prezzi sempre più sbilanciata – nessuno, infatti, immagina davvero un retailer in grado di fare concorrenza a Jeff Bezos su questo fronte – sia perché molte aziende stanno sperimentando con successo la vendita diretta al consumatore.

E allora, che fare per anticipare il futuro e continuare ad interpretare un ruolo da king maker?

L’ascolto dei clienti introduce la prospettiva di una Metamorfosi necessaria, una trasformazione che coinvolga l’identità stessa dei distributori, facendoli evolvere da semplici selezionatori/espositori di prodotti a consulenti ad personam, in grado di rispondere alle domande sempre più articolate e complesse dei clienti. A partire dai dati, immagazzinati e analizzati costantemente, ecco che va ricercata una relazione basata su consigli, proposte e indicazioni di prodotti e stili di vita che soddisfino i bisogni, contribuiscano alla costruzione e alla narrazione delle identità individuali o aderiscano al sistema di valori delle persone. Essendo consci di aver di fronte consumatori, specialmente quelli del segmento più giovane, sempre meno fedeli alla marca e sempre più orientati a sperimentare. Ogni touchpoint va utilizzato per suggerire una possibile soluzione ad un bisogno espresso (o implicito) del cliente. Come? Indicando liste della spesa personalizzate, ricordando l’approssimarsi di un evento importante, lanciando esperienze su misura, raccontando storie che abbiano a che fare con l’immaginario dei diversi target.

Per dirla in altro modo, le insegne dovrebbero cominciare ad occuparsi costantemente e sinceramente dell’Individuo, studiato e analizzato attraverso i suoi comportamenti o, sempre in misura maggiore, atteggiamenti. Muovendosi tra chi ha poco tempo da perdere e considera la spesa un “male necessario” e chi invece è interessato a provare, chiede di esplorare e conoscere, magari perché attento alla propria salute o perché desideroso di cucinare un nuovo piatto che sia in grado di stupire gli amici.

LE INSEGNE LO SANNO, MA È ORA DI CAMBIARE.
George Plassat, amministratore delegato di Carrefour, in un colloquio con il Financial Times ha insistito sul fatto che “la rete fisica è il fondamento essenziale, perché i clienti nel settore alimentare sono alla ricerca di contatto, consulenza e servizio, cose che hanno più probabilità di trovare in un negozio fisico”.
Possiamo disegnare una segmentazione su due livelli.  Da un lato il “risparmiatore”, di tempo o di denaro, che si approccia alla spesa con fatica, e dall’altro lo sperimentatore, il cercatore di esperienze, l’innovatore. Se nella conquista dei primi Amazon – tra servizio online e offline, con il nuovo “Go” – sembra avere una marcia in più almeno nell’immediato, è dal soddisfacimento dei bisogni del secondo gruppo, sempre più folto e soprattutto in larga parte composto da Millennials, che passerà gran parte del futuro della grande distribuzione organizzata, chiamata a trasformarsi in promotrice attiva di “spese intelligenti”, che aiutino l’individuo a vivere meglio.