L’ittico sembra navigare in buone acque perché sia dal punto di vista razionale, sia da quello simbolico rappresenta un alimento vitale, sano, buono, leggero, consentito e salutare.

Chi non ha mai citato il proverbio “né carne né pesce” per definire qualcosa di dubbio e poco definito? Proverbi e detti sono l’espressione di un sapere fondato sulla tradizione popolare che si è trasmesso nei secoli mantenendo intatte alcune informazioni relative alla vita pratica. Nella testa delle persone carne e pesce sono qualcosa di diverso. Lo sono sempre stati e continuano ad esserlo tanto che spesso un vegetariano si sente rivolgere la domanda (che giustamente lo contraria) “ma il pesce lo mangi vero?”. Il fatto che il pesce venga considerato “un po’ meno carne della carne” non lo ha penalizzato a livello alimentare e anzi lo ha collocato in una posizione inattaccabile e spesso privilegiata rispetto ad altri alimenti di origine animale.

Parlando di alimentazione, l’antropologia ci insegna che il cibo non va studiato e analizzato esclusivamente attraverso un approccio tecnico e scientifico. È necessario uno sguardo antropologico che ci aiuti a comprendere il suo valore simbolico, che agisce nelle scelte alimentari in modo ben più decisivo rispetto a motivazioni di tipo razionale.

Indagare le molteplici declinazioni del valore simbolico del cibo è utile non solo a comprendere perché un cibo si consuma più di un altro o perché viene considerato più leggero e più salutare di un altro (a parità di apporto calorico, proteico, lipidico) ma soprattutto a indirizzarci verso le più efficaci strategie di marketing e comunicazione in grado di intercettare le scelte dei consumatori. All’interno di uno scenario in cui scelte alternative stanno rivoluzionando il comune comportamento alimentare penalizzando in modo sensibile il consumo di carne, il pesce sembra possedere una sorta di viatico grazie al quale attenua la sua componente animale, mantiene le qualità salutari, conserva un immaginario di particolare valore simbolico.
Se è vero che numerosi studi scientifici sostengono che il pesce “vince” sulla carne rossa per ridotto contenuto di colesterolo e abbondanza di acidi grassi insaturi e polinsaturi (utili ad esempio nella prevenzione delle malattie cardiovascolari), è anche vero che non solo grazie a queste autorevoli motivazioni il pesce è ritenuto da molti più sano, meno pericoloso, “meno carne” della carne, ma anche per ragioni che si nutrono e al contempo sfamano gli immaginari collettivi. Vediamone alcune.

Un antichissimo simbolo di fertilità. Fin dalle epoche più remote e trasversalmente a molte civiltà, il pesce ha rappresentato la forza primordiale capace di originare la vita nelle sue svariate forme. Un simbolo di fertilità e potenza generativa che ha attraversato i millenni.

Il progenitore dell’uomo. Filosofi e scienziati nei secoli hanno portato avanti l’idea che l’uomo discenda dai pesci. Lo asseriva Anassimandro tra il VI e il V secolo a.C., ne sono convinti oggi numerosi paleontologi.

Nel cristianesimo. Il cristianesimo mutua dalla mitologia antica il simbolo del pesce e lo adotta come rappresentazione del Cristo, archetipo della perfezione, in grado di puri care il mondo dal peccato e rigenerare il genere umano facendolo rinascere in lui. Il pesce insieme al pane viene considerato un cibo semplice, austero e legato alla divinità benevola (basti ricordare il miracolo dei pani e dei pesci).

In astrologia. Sotto il segno dei pesci cadono l’equinozio di primavera che segna il ritorno della bella stagione dopo la morte invernale della natura e la presunta nascita di Cristo e di numerose altre divinità metafore di rinascita e fecondità

Al venerdì, in quaresima e alle vigilie. Il pesce è un cibo “puro” e quindi permesso nei giorni in cui la religione predica l’astinenza dalle carni degli animali a sangue caldo (il sangue è associato alle pulsioni e ai “piaceri carnali” banditi in particolari momenti dell’anno). E per tradizione, anche per chi non è credente, il consumo di pesce aumenta al venerdì e nei giorni di vigilia definiti “di magro”.

Creatura d’acqua. L’acqua e il mare resistono ad ogni evidenza di inquinamento: nel nostro immaginario sono associati alla purezza e alla forza rigeneratrice e i pesci partecipano di questi valori (durante il diluvio universale per esempio gli animali acquatici non sono stati colpiti dalla maledizione di Dio)

Pescato e non cacciato. Ancora questione di immaginari collettivi: l’immagine sedimentata del pescatore rimanda
a paziente attesa, silenzio, natura e soprattutto a nessun spargimento di sangue (inoltre il pesce è così “muto” da parere indifferente).

di Caterina Schiavon 

(Da Mark UP, Seafood 2017, novembre 2017)