Dalla Metamorfosi delle relazioni nasce il paradigma dello scambio. Generazioni a confronto: come è cambiato il rapporto con gli altri? Ecco l’analisi di Marco Miramondi, che introduce il primo vettore della Metamorfosi di Kkienn.

«Ovunque si dice che sono morte le ideologie: sono le appartenenze che reclutavano ad essere svanite. Ecco la notizia: la nascita dell’individuo» Michel Serres, Non è un mondo per vecchi

Come sta cambiando il modo in cui ci relazioniamo con gli altri?  La domanda è molto ampia e si potrebbe rispondere assumendo un’infinità di punti di vista: cambia il linguaggio, cambiano i mezzi attraverso cui ci relazioniamo con altre persone, cambia il numero di relazioni che sviluppiamo e la loro qualità. Cambiano le norme che regolano le relazioni, i processi cognitivi e forse anche le finalità per cui ci relazioniamo. Al termine di un ciclo di ricerche svolte recentemente da Kkienn abbiamo rilevato una serie di evidenze che suggeriscono una possibile linea interpretativa delle diverse trasformazioni riguardanti le modalità di relazione con gli altri. Il metodo utilizzato per rilevare tali cambiamenti è quello del confronto intergenerazionale.

IERI L’APPARTENENZA RENDEVA SIMILI. Abbiamo utilizzato il concetto di appartenenza per definire il paradigma relazionale tipico della generazione dei Baby Boomers.  Far parte di una qualche gruppo o organizzazione è stato per i nati tra il 1945 e il 1964 una pratica comune per accedere ad una rete di relazioni. L’affiliazione a parrocchie, associazioni sportive o studentesche, partiti politici, sindacati e cooperative ha rappresentato occasione privilegiata per stringere rapporti affettivi, amicali e lavorativi: una sorta di euristica, di scorciatoia per soddisfare un complesso insieme di bisogni sociali. L’appartenenza a gruppi o organizzazioni non ha costituito solo una porta di accesso a una rete di relazioni, ma ne ha influenzato anche il perimetro e la qualità. Riconoscersi per vicinanza fisica in un territorio, in una comunità o per vicinanza valoriale in un gruppo o organizzazione ha l’effetto di considerare gli esponenti del gruppo come propri simili.

Nel paradigma delle appartenenze si stringono relazioni con i propri simili, con cui si condivide qualcosa di molto basilare come l’albero genealogico (famiglia) o il territorio, la storia e le tradizioni (comunità) oppure la fede e sistema di valori (religione, politica, sport, …): l’importanza di ciò che si condivide garantisce una forte identità del gruppo e delle relazioni forti e durature fra i membri.

Nel corso degli ultimi decenni molti di questi gruppi ed organizzazioni hanno perso attrattiva e la capacità di reclutare e affiliare le giovani generazioni. Entrano in crisi quei valori che favorivano il processo di riconoscimento fra individuo e gruppo e nascono nuove forme di aggregazione sociale.

OGGI LO SCAMBIO PRESUPPONE IL POSSESSO.  Per descrivere il paradigma relazionale tipico dei giovani, i cosiddetti Millennials, abbiamo scelto il concetto di scambio. Nel mondo dello scambio, la relazione è tra individui singoli. Non è mediata da un’organizzazione connotata da una forte identità. Cambia quindi la dinamica relazionale da “sono in relazione con x perché fa parte del mio gruppo” a “sono in relazione con x perché abbiamo qualcosa da scambiarci”. Lo scarto fra i due modelli è significativo in termini di accesso: se nel mondo delle appartenenze l’adesione ai principi, il rispetto delle regole e la fedeltà al gruppo garantiva l’accesso alle relazioni, nell’arcipelago dello scambio per entrare in relazione bisogna possedere qualcosa da scambiare (risorse, tempo, competenze, informazioni, affettività…).

PORTE GIREVOLI PER SCELTE REVERSIBILI. L’ occasione di accedere a nuove relazioni è rappresentata da una molteplicità di piattaforme facilitatrici (dal corso di cucina, ai social, alle banche del tempo, …). La caratteristica di questi soggetti è di mettere in contatto gli individui fra loro senza fornire una cornice valoriale alle relazioni e senza prevedere una fedeltà alla piattaforma. Chi vi accede è un utente, non un membro. La vicinanza fra gli utenti non è territoriale, né valoriale. Il più delle volte è una vicinanza di interessi, di passioni. Vicinanza che non implica un’adesione identitaria alla piattaforma, ma un’appartenenza più permeabile: si può entrare e uscire quando più interessa. Nel paradigma dello scambio quindi gli individui si connettono attraverso piattaforme permeabili e aperte che consentono loro di scambiarsi ciò che interessa. Le relazioni risultano quindi più estese, non chiuse ai membri di un singolo gruppo ed in un certo senso più deboli, ossia caratterizzate da un minore livello di commitment verso gli altri.  In un modello di questo tipo il senso del dovere è verso se stessi: per accedere a delle relazioni gratificanti, soddisfare dei bisogni sociali ed evitare di essere socialmente esclusi è necessario possedere degli asset relazionali da scambiare come essere aggiornati, sorridenti, avere cose interessanti da raccontare e condividere, fare esperienze, essere in forma, disporre di tecnologie che consentano di connetterti. Possiamo dire, per concludere, che il passaggio dal mondo delle appartenenze al mondo dello scambio ha sgravato gli individui dagli obblighi di adesione e fedeltà alle organizzazioni, ha aperto nuove possibilità di connessione e reso più libere e reversibili le scelte. E in ultima istanza ha lasciato in eredità all’individuo l’obbligo di essere performante in molti aspetti della vita sociale.